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Dopo l’excursus su Ars Magica, continuiamo a dare voce ai nostri giocatori. Questa volta è il turno del Gdrista Vieri, che, forte della sua non comune esperienza nel gioco di ruolo, ha la sua valida opinione su un argomento sul quale negli ultimi anni si è discusso anche troppo…

I REGOLAMENTI MECHANICS-DRIVEN NON ESISTONO!

Bene, questo titolo dovrebbe avere attirato la vostra attenzione. Ma come, direte, la maggior parte dei giochi di ruolo vecchio stile sono basati sulle meccaniche! Tiro la skill, aggiungo i bonus, blindo la supercazzola e so cosa succede! Giusto?

Sadly, no. Non del tutto almeno. (Sebbene io mi sia permesso un pò di sensazionalismo nel titolo)

Intanto una precisazione. Come giocatore, sono piuttosto vecchio. Ho cominciato quando al mio compleanno dell’84 mi regalarono la scatola rossa di D&D e non ho più smesso. Ho esperienza di gioco di ruolo di molti tipi, al tavolo e dal vivo, e ho visto coi miei occhi l’avvento di quei giochi che si definiscono fiction-driven¹, che dovrebbe essere l’opposto dei giochi mechanics-driven², appunto, ovvero tutto ciò che c’era prima, da Dungeons&Dragons a seguire.
Ma è veramente cambiato qualcosa?

Ok, certamente è cambiato qualcosa. Ma non è nei regolamenti che si nasconde il problema.
I giochi vecchio stile (mechanics-driven) avevano regolamenti precisi, dove per ogni azione che si poteva compiere c’era una regola, un tipo di dado da tirare, e un effetto per ogni risultato previsto. Questa però non è un’equazione, come si ha nei giochi da tavolo, che permette al gioco di funzionare nel vuoto.

Da ragazzo, ero sempre il narratore delle nostre campagne. Mi è capitato più volte chi, magari un ragazzo più piccolo, si spaventava alla mole di regole che (secondo la mentalità dei giochi da tavolo) andavano “imparate” per “saper giocare”. La mia risposta è sempre stata: dimenticati tutta ‘sta roba. La so io, e può bastare. Descrivimi cosa vuoi che sappia fare il tuo personaggio, io ti guido passo passo a costruire una scheda (perchè non posso, verosimilmente, metterci tutto quel che vorresti al livello che vorresti) e poi, una volta che sai chi è il tuo personaggio, dimmi solo quel che fa. Alle meccaniche, alle regole, ci penso io. Come più tardi ci pensava il PC quando vennero fuori i primi RPG per computer. Il gioco era GIÀ fiction-driven, solo che non conoscevamo nulla di diverso. C’erano le meccaniche, certo, ma erano solo un ostacolo da superare… poteva capitare, infatti, che nella fiction succedesse qualcosa che non era previsto.. per cui non c’era una regola. A quel punto, io, personalmente, improvvisavo³.
Ritengo non si possa dir meglio di quanto hanno fatto gli autori di Teenagers from Outer Space, in italia conosciuto come Teenager Manga Mutanti:

 

Roleplaying is ‘let’s pretend’ with rules.

(il gioco di ruolo è ‘facciamo che’ con le regole)

Facciamo che.
Come si giocava da piccini.
Però con qualche regola, che ci dice cosa succede in caso di conflitto (bam! Sei morto! No! Non mi hai preso!….) e che, in un modo di giocare migliore, avrebbero dovuto essere il più possibile invisibili. Ti serve di sapere che il tuo personaggio è “il miglior spadaccino della sua provincia” o che ha 5 gradi in usare Spada? A me, master, serve (potrebbe servire) il numero, per determinare, combinandolo con l’Alea del dado, cosa succede quando il prossimo che dice che no, il miglior spadaccino della provincia è lui, tira fuori la spada e si comincia a ragionare. Per te, giocatore, è un’astrazione che alle volte andava perfino contro la logica del gioco (nella vita non hai nessun numero che ti dice quanto sei bravo in qualcosa, o quanto puoi ancora migliorare. E soprattutto, se e quanto quell’altro è più bravo di te)
Parimenti, il combattimento può risolversi in una serie quasi infinita di “Attacco. Ho fatto X” “paro.” “Attacco” “faccio X danni” finchè uno dei due non riesce vittorioso. Prima o poi è capitato a tutti di giocare così. È perfino una sfida piacevole a livello tattico, se fatto nel modo giusto. D’altra parte, ritengo più piacevole non mollare l’immersivismo nemmeno in quei momenti, descrivendo il fendente che traccia un ampio arco, cade sul collo dell’orco, e (tira i dadi, critico) lo decapita tra schizzi di sangue BWAHAHAHAHA! Le meccaniche vengono nascoste, e si ha più l’impressione di trovarsi davvero a che fare con un bruto di pelle verde che non con una macchinetta che colpisci con un certo numero e che fa un altro numero di danni. Stiamo giocando fiction-driven, anche se il regolamento non sembrerebbe adatto.

Molto più recentemente, si è creata una fazione che predica il fiction-driven come maniera di gioco, facendo uscire giochi che da una parte facilitano questo tipo di gioco, dall’altra rendono difficile o addirittura impossibile giocare utilizzando pedissequamente le regole.
Essendo il modo in cui cercavo di giocare, a me questi giochi piacciono. Ma non è nel sistema che non ti permette di fare altrimenti la rivoluzione del gioco: quella è e rimane nella testa di chi gioca. Ho avuto giocatori di Dungeon World che si domandavano come si facesse senza iniziativa, e giocatori che continuavano a ripetere “come che faccio? Lo attacco!” (“si, ma come?” “lo attacco!”) e ho avuto giocatori di altri giochi più old style che andavano avanti descrivendo combattimenti come film d’azione, appoggiandosi alle pesanti meccaniche invece di farsene schiacciare.

Le regole, come dicevo, per giocare nel modo che prediligo, devono essere più invisibili possibile. Una maniera, certo, è che non ci siano, o che ce ne siano poche. Facciamo che. Ma non è l’unica. Ci si può appoggiare alle regole per descrivere, e così facendo si poteva giocare fiction-driven molto prima che venisse scritto Apocalypse World.

Insomma, il regolamento mechanics-driven non esiste*. Esistono giocatori che si attaccano alle meccaniche e giocano in maniera più simile a un gioco da tavolo. E se si divertono tutti, va benissimo così! (ci sono problemi quando i giocatori di due tipi interagiscono, tipo quando un giocatore che vuole giocare secondo fiction incontra un gruppo di meccanicisti, o viceversa. Ma di questo parleremo forse un’altra volta.) d’altra parte, i giocatori fiction-driven (dei quali io credo di far modestamente parte) erano qui dall’inizio, essendo la fiction a mio avviso parte integrante del gioco di ruolo.
Il Fiction-driven è il futuro del gioco di ruolo, come dicono alcuni? Forse. Molti giochi stanno “migrando”, con le loro nuove edizioni, da un sistema più pesantemente regolistico a regole meno invasive e più narrativiste, e per i fanatici del calcolo esistono alternative che riducono l’incisività del “ruolo” per focalizzare sulla tattica (boardgame o giochi di ruolo per computer o console, principalmente). Alcuni, come me, affiancano però alle nuove uscite anche qualche regolamento vecchio e glorioso… con cui giocare senza ignorare la fiction.

Articolo del GdRista Vieri Balatresi 


¹Fiction-driven: giochi (solitamente più recenti) che si basano sulla fiction, ovvero che mettono l’accento sulla storia narrata piuttosto che sulle meccaniche. Spesso hanno regole basiche, visto che ci si aspetta che il momento stesso della storia la faccia progredire al di là di quegli intoppi che prima sarebbero stati risolti con le meccaniche.

²Mechanics- driven: Giochi di stampo più classico, dove ogni azione prevista ha una sua meccanica che ne determina il successo ed il fallimento, indipendentemente da quando nella storia l’azione si presenti.

³(Altri avrebbero risposto “non puoi” se non c’era una regola per farlo. Questo lo considero un errore, ma era spesso dovuto a una mentalità da giocatori di boardgame piuttosto che all’essere cattivi giocatori, almeno a questo punto della storia del GdR. )

*Tecnicamente, esiste. In questo caso, è quello di un gioco tipo Hero Quest, che non è un gioco di ruolo.

I Regolamenti Mechanics-Driven Non Esistono!
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A proposito dell'autore

Lavos-D è un illithid colmo di bontà e di dolcezza, che distilla interamente nei suoi favolosi dolci: per questo non gliene resta più quando scrive i suoi acidissimi articoli. Il suo motto è provare qualsiasi gioco esistente, sennò non lo si può criticare. Quando il suo eterno ruolo di master gli lascia tempo libero lavora a GdRITalia in veste plurima di pasticciere ufficiale, redattore, editor, (re)censore, traduttore in seconda e spalla comica a tempo perso. Da quando si è autoproclamato sommo sacerdote del Grande Cthulhu si è montato la testa e non ci si ragiona più.

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11 Risposte

  1. Red Dragon

    Sono d’accordo che non esistono i giochi mechanic-driven (HeroQuest a parte 😛 ) ma non sul fatto che i giocatori non devono conoscere le regole. Le regole plasmano il mondo in cui i personaggi si muovono; il personaggio vive in quel mondo e sa quali sono le regole che lo governano; indi il giocatore deve sapere le regole affinché il suo personaggio possa muoversi in quel mondo.

    Ciao 🙂

    Rispondi
    • Vieri Balatresi

      Fino a un certo punto. Normalmente certo preferisco che I miei giocatori conoscano le regole, ma se per qualcuno questo è un ostacolo all’inizio si può benissimo far senza. Poi di solito dopo tre sessioni di “che dado devo tirare”imparano.

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      • Lavos-D

        Sapere almeno le regole basilari evita i tempi morti; sapere come funzionano le capacità del PG accelera ulteriormente. Ma, per esperienza personale, ho notato che i giocatori giocano meglio e si divertono di più se non sentono il bisogno di pensare alle regole.

  2. davorl

    Sarà anche vero che regolamenti 100% di un tipo e dell’altro non esistono (e che tutti i giochi consentono più o meno entrambe le modalità), però nella maggior parte dei casi il sistema incoraggia fortemente verso l’una o l’altra strada e giocare nell'”altro” modo è spesso come andare controcorrente: faticoso e insoddisfacente (a meno di ignorare buona parte delle regole: ma allora perché scegliere quel sistema se non lo si usa?).

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    • GRAAK

      Ecco, concordo! Ho scritto praticamente lo stesso concetto poco sotto. É innegabile che il modo in cui sono riempite le pagine di un manuale incentiva verso un determinato tipo di esperienza di gioco.

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    • Figlio di Fundin

      D’accordissimo anch’io. Che senso ha imparare un regolamento di 200 pagine se poi non lo si usa? Tanto vale impararne uno più breve e divertirsi lo stesso. Però se lo imparo poi voglio usarlo, eghè.
      E poi basta con questa storia che le regole basta che le sappia il Master. Fidatevi di me, con giocatori più “responsabili” qualsiasi GdR è molto più divertente. Per tutti.
      Io sono d’accordo con l’autore che per non spaventare un neofita non sia necessario fargli imparare le regole da subito. Però se alla sesta (sesta!) sessione con un lineare d20 system il giocatore chiede “che dado devo tirare?” non c’è verso. Le regole non le imparerà mai. Non gli interessano. E questo rallenterà il gioco a tutti e tanti saluti a quella “immersione” di cui si parla nell’articolo. Tanto vale giocare ad altro.

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  3. GRAAK

    Quote: “Insomma, il regolamento mechanics-driven non esiste*. Esistono giocatori che si attaccano alle meccaniche e giocano in maniera più simile a un gioco da tavolo”

    Sono in linea di massima d’accordo, ma va sottolineato che esistono regolamenti che per loro natura (80% del page count) spingono i giocatori verso un estremo o l’altro.
    Certo, alla fine dipende sempre da come il giocatore ed il gruppo recepiscono il regolamento ed intendono il GdR, ma sarebbe ingenuo far finta che la lettura di un certo tipo di testo non educhi il lettore verso una concezione di gdr piuttosto che l’altra.

    Senza citare titoli per evitare flame: se alcuni gdr sono noti per sfornare rule-lawyers o giocatori incapaci di qualsiasi tipo di interpretazione seria un motivo c’è, e va prima di tutto cercata nel gdr stesso, in come è stato presentato e nell’ importanza che da a certi aspetti o alle regole. Poi esistono sempre le eccezioni…

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    • Figlio di Fundin

      Sono perlopiù d’accordo. Penso che comprensibilmente l’autore percepisca meno questa problematica avendo vissuto situazioni in cui il regolamento potenzialmente poteva averlo letto solo lui (o almeno così mi è parso di capire).

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      • Vieri

        ho vissuto si, situazioni in cui ALL’INIZIO il regolamento l’ho letto solo io. Se un giocatore si appassionava al gioco, come ho detto, era molto più facile fargli capire le meccaniche in un secondo tempo (di solito dopo circa due o tre sessioni erano in grado di gestire le meccaniche da soli, e dopo un altro pò, magari, si studiavano il manuale… senza per questo cadere nell’annosa trappola del minmaxing e del powerplay). Chi gioca con me sa che non sono assolutamente un master dispotico, anzi sono ben disposto a house-rules che permettano a un giocatore che voglia giocare qualcosa che nelle regole non è contemplato di integrarlo, se non è deleterio per la storia. L’unica cosa che aborro è fare la stessa cosa per desiderio di “essere grossi” e studiarsi le regole per minmaxare.

  4. Figlio di Fundin

    Nella “nuova corrente di pensiero” dei moderni giochi piuttosto che sul fiction-driven o il character-driven vorrei che si spingesse di più verso una progressiva deresponsabilizzazione del DM sulla buona riuscita del gioco. Questa filosofia granitica pluridecennale secondo cui il Master è il dio, regolamento e padrone assoluto (e d’altra parte il nome “master” la dice lunga) ci ha solo lasciato un gran numero di gruppi di gioco in cui il divertimento è di molto inferiore a quello potenziale. E no, non sto parlando di “suddividere l’autorità narrativa” o altre cose new-wave (o come si chiamano ora, non seguo più da un po’). Parlo proprio di atteggiamento al tavolo tra le persone.

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    • Maxwell

      il tuo ragionamento è logico ,
      ma se si sposta la responsabiltà dal DM ai giocatori ,
      si rischia che siano questi a creare gli stessi problemi .
      la cosa nasce dall ‘ atteggiamento delle persone ,
      non dalle regole .
      ovviamente regole confuse non aiutano il gioco .

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