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Questo è il terzo di una serie di dodici articoli, scritti in collaborazione con L’Uomo di mezzanotte, dedicati ad alcuni famosi titoli dell’horror. 

Scrivere degli articoli sull’horror nel gdr senza parlare di Cthulhu è praticamente impossibile ed un problema essendo un argomento molto ben analizzato. Vorrei perciò fare un paragone con una bellissima serie tv “True Detective” perché la considero una perfetta avventura di Cthulhu. Se non l’avete ancora vista, non continuate la lettura di quest’articolo perché sarà pieno di SPOILER per cui guardatela e poi ritornate a leggere….

Attenzione: spoiler in corso….

Chi ha già visto True Detective sarà rimasto probabilmente perplesso per la mia affermazione perché, nonostante le numerose citazioni dal re in giallo a Carcosa, nella serie non c’è il paranormale se non forse per le visioni di Rusty e soprattutto non c’è il “mostro” finale tipico delle avventure di Cthulhu che seguono lo standard: morti misteriose, culto dedito a X grande antico e rito finale che sarà fermato dai nostri eroi al prezzo di pesanti perdite per la presenza del mostro di fine avventura che si papperà mezzo gruppo. Questo cliché ha un po’ammazzato l’horror in Cthulhu come gli “scossoni”, i jump scares il cinema horror: in entrambi i casi, una tecnica che andava utilizzata con moderazione è stata così abusata da creare l’effetto opposto.

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True Detective utilizza la struttura classica di un’avventura di Cthulhu con addirittura una forte somiglianza con un modulo “Have You Seen the Yellow Sign?” presente in the Great Old Ones, una vecchia raccolta di avventure della Chaosium: ambientata in Louisiana, anch’essa ha serial killers, Voodoo, il re in giallo, una cospirazione occulta ben introdotta nei piani alti e cultisti che mascherano le loro attività come ditta di verniciatori. Uno dei personaggi è un investigatore che trascrive tutto in un grosso notebook mentre un altro è psicologicamente a pezzi per la morte della figlia.

La scelta di non inserire il “mostro finale” ma “soltanto” dei pazzi pedofili assassini è secondo me giusta perché il sovrannaturale avrebbe soltanto deviato l’attenzione dalla mostruosità degli antagonisti e della stessa”comunità” che per quieto vivere, ha preferito voltarsi dall’altra parte, permettendoli di agire indisturbati per anni.

Molto particolare è stata anche la gestione della perdita di “sanità mentale” dei protagonisti: mentre le avventure classiche di Cthulhu si svolgono in un lasso di tempo molto breve per cui è difficile rendere questa perdita se non con un crollo psicotico improvviso, in True Detective la storia si svolge nell’arco di vent’anni rendendo più graduale e psicologica la spirale negativa in cui rimarranno imprigionati i protagonisti, e che si fermerà soltanto con la catarsi dello scontro finale. Rusty che attraversa il claustrofobico e onirico “labirinto” finale fra teschi, nidi del diavolo e bambole con il dubbio che forse veramente Carcosa esiste oppure che sia “soltanto”una creazione della mente malata del serial killer riesce a metterci a disagio come solo una buona avventura horror riesce a fare.

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Un altro aspetto particolare di True Detective è stata notato per assurdo da una recensione negativa in cui era paragonato a un videogioco sandbox alla GTA. Per quanto non sia d’accordo con l’opinione negativa del recensore, lo sono però con il paragone: True Detective è un esempio perfetto di “avventura” investigativa sandbox mostrando le differenze con l’avventura “classica” dove la storia è la principale protagonista. La trama in True Detective non è importante: quando il recensore afferma

Ma la storia, come in un sandbox, non ci serviva: fosse stato come Grand Theft Auto, ci saremmo limitati a scegliere o Rust o Marty, salire in macchina e girare per la zona all’infinito, cercando i matti nei compound, senza voler davvero risolvere alcun crimine, parlando ai bifolchi sui trattori, con i bambini nei cortili delle scuole, e soprattutto tirando il gas sulle strade dritte fra le pozze d’acqua a perdita d’occhio, in un tramonto eterno.

dice il vero: in un sandbox il vero protagonista è il mondo, l’ambientazione

so che il sistema di grandi spazi aperti saturi di umidità, e spazi chiusi, case immerse nel verde, circondate da capanni, garage e dependance, fortificazioni incomprensibili, chiese, scuole e campi da coltivare costituisce un universo perfettamente, istintivamente credibile, che racconta, senza spiegare niente, molto più delle eterne conversazioni in macchina tra i due colleghi indifferenti

Il panorama è rimasto un personaggio convincente per tutti e otto gli episodi.

Questo non significa che nel sandbox l’ambientazione debba essere iper dettagliata con la lista dei 324 governatori precedenti della città, imitando il fantasy ora di moda (1) ma conterà sopratutto renderne l’atmosfera come fa egregiamente True Detective.

Importantissimi sono anche i personaggi veri creatori della storia: anche qui non servirà un background iper dettagliato ma forti motivazioni personali. Sarà la volontà di Rusty di riaprire il caso a far ripartire la trama e, non a caso molte campagne sandbox crollano per la mancanza di PG pro attivi e motivati perché senza il sandbox girerà a vuoto mancando a differenza dell’avventura classica di una storia “forte” che faccia da guida…

Nella seconda parte di questo articolo scritto dall‘uomo di mezzanotte, troverete una presentazione di uno dei videogames più interessanti usciti recentemente: The Vanishing Of Ethan Carter. 

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(1) sembra sia diventato impossibile oramai scrivere un fantasy in meno di dieci volumi da 1000 pagine l’uno o fare un solo film da un romanzo come lo Hobbit

Il richiamo di True detective
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