Articolo di Annalisa Corbo
Fotografie di Andrea Gatta
Continua l’avventura nata dal grande cambiamento che Terre Spezzate ha operato nel suo modo di fare giochi di ruolo dal vivo, annunciato nel manifesto che pubblicò nel 2013. E continua felicemente, dato che, dopo il grande successo di La fortezza dei vinti, sabato 1° e domenica 2 marzo il gruppo LARP piemontese-lombardo ha dato vita a un altro evento in linea con il suo manifesto: Sogno di una notte di fine inverno.
Sogno di una notte di fine inverno è stato un evento autoconclusivo che si è svolto al Villaggio delle Stelle di Lusernetta (TO), un agglomerato di baite che ha permesso ai partecipanti un’immersione totale nel gioco e una agevole spontaneità nel rispettare la regola nata dal detto appartenente al lessico informatico “What You See Is What You Get”, “ciò che vedi è quello che c’è”, quindi, riadattando la frase al mondo del gioco di ruolo dal vivo: “Non hai bisogno di immaginare nulla oltre a ciò che già c’è”.
Anche qui, infatti, come per La fortezza dei vinti, non c’è stato bisogno che alcun organizzatore narrasse e descrivesse determinate condizioni del luogo o del momento della storia: tutto era esattamente riprodotto dalle interazioni tra personaggi, dall’ambientazione, dal setting naturale e dalle accurate scenografie che non prevedevano mai l’utilizzo di luce elettrica o di materiale che risultasse anacronistico o inappropriato per il luogo e il tempo.
Di ambientazione fiabesca, in un ipotetico Ottocento mitteleuropeo, con riferimenti alla farsa e alla commedia dell’arte, attraverso suggestioni scespiriane e goldoniane, Sogno di una notte di fine inverno è stato opportunamente svolto in concomitanza del Carnevale e ha coinvolto circa 70 giocatori per un live della durata di due giorni. Il prezzo variava dai 50 ai 90 euro, pasti compresi.
Il regolamento (in realtà chiamato più adeguatamente “guida evento”) era di poche pagine proprio per permettere al giocatore uno spazio interpretativo ampio e per poter incoraggiare quelle dinamiche di immedesimazione che si possono ottenere solo attraverso la libertà di interpretazione.
La struttura temporale del gioco era divisa in 4 episodi intervallati da pause più o meno lunghe (il primo e il quarto di 3 ore e mezza, il secondo di 4 ore, il terzo, notturno, di 3 ore), che hanno permesso ai partecipanti di digerire l’atmosfera e i cambiamenti e di alimentare il crescendo di coinvolgimento.
I personaggi sono stati scritti dagli organizzatori e ogni partecipante ha avuto la possibilità di scegliere tra i personaggi proposti. Ogni personaggio era dotato di una breve e sintetica descrizione pubblica e, a latere, di un completamento del background maggiormente approfondito che però era dato in mano esclusivamente a chi interpretava il personaggio. In questo modo, ogni personaggio aveva dei legami dati con altri personaggi e la valorizzazione di questi legami, della loro descrizione approfondita nel background “privato” e degli obiettivi loro assegnati assicura un gioco di pari coinvolgimento per tutti i giocatori. Non solo: invita alla relazione, all’azione e semplicemente al buon gioco di ruolo.
Altro particolare che porta, nelle regole generali previste da Terre Spezzate per questo tipo di live, verso un’immedesimazione ancora più sentita è che la fisicità nel gioco non è mai negata né inibita, anzi, è caldeggiata; per questo, per poter interpretare certi personaggi, bisognava soddisfare delle caratteristiche particolari (per esempio l’età, determinate caratteristiche fisiche o capacità artistiche o manuali e così via).
La storia di Sogno di una notte di fine inverno racconta degli abitanti di Witzenburg, una piccola comunità di persone divise per famiglie, la cui monotona vita, tipica degli abitanti di un paesino lontano da tutto e da tutti, viene sconvolta dall’arrivo, alla fine dell’inverno, di una chiassosa e burlesca compagnia errante di artisti di strada, composta da scanzonati personaggi dall’inquietante doppia identità umana e archetipica, che con estro, inganni, uno spettacolo caratterizzato da lazzi, canti, danze e giochi di fuoco, insieme a un pizzico di magia, stravolgeranno la vita degli abitanti costringendoli a scoperchiare i loro vasi di Pandora, svelare e riconoscere i loro segreti, fino al riuscire a indirizzarli a una rivoluzione della loro persona e all’emergere della verità per un profondo disvelamento davanti agli occhi degli altri e di se stessi.
Ed è proprio dalle nascoste e poi svelate relazioni tra i personaggi, sia dei paesani che dei guitti, è proprio dai loro difetti e dalle loro debolezze, dai legami familiari e dai sentimenti, siano essi accettati o no, che durante l’evento ha preso via una narrazione corale che si è amplificata di episodio in episodio riuscendosi a caratterizzare grazie alla specificità dei personaggi, al loro coinvolgimento e le loro emozioni, alla loro capacità di cogliere il gioco dell’altro e di alimentarlo.
Ora veniamo alle cose che avrebbero potuto rendere Sogno un live migliore: i cibi e le bevande (talvolta preparati in gioco) erano di buona qualità, consoni alle scene in cui apparivano e sicuramente funzionali al non far morire di fame i partecipanti, ma il reclutamento di ulteriori collaboratori e un conteggio più accurato delle quantità avrebbero permesso una distribuzione più agevole, omogenea ed efficace.
Entrando più in merito alle regole e allo svolgimento del live stesso, altri margini di miglioramento sono presenti ma rilevanti di poco ai fini della buona riuscita dell’evento e di facile risoluzione con un minimo di esperienza. In un apposito thread di discussione con i partecipanti, preparato dagli stessi organizzatori e apparso su Facebook, sono emerse questioni riguardo le tempistiche, le musiche e la durata specifica degli episodi. Tutti piccoli accorgimenti.
Un altro particolare del regolamento a mio avviso superfluo è la lista lunga e dettagliata di incantesimi e maledizioni: in un live dall’immersività così efficace è stato secondo me inutile dettagliare in modo così preciso gli incantesimi e le maledizioni che i guitti potevano fare.
Personalmente è la prima volta che partecipo a un evento di questo tipo. Il mio personaggio era tra i guitti e la preparazione per la sua interpretazione ha previsto anche delle prove con gli altri giocatori dello stesso gruppo, e questo ha avuto per me un grande valore sia di socializzazione sia di categorizzazione dell’evento: riconosco che Sogno di una notte di fine inverno è stato un gioco di ruolo dal vivo che ha aperto le braccia al teatro di improvvisazione e al teatro interattivo senza in realtà sconfinarvi ma promuovendolo nelle sue scene, rendendomi fiera di aver vissuto un’esperienza di questo tipo.
È un gioco che ha fatto leva su emozioni e sentimenti umani e li ha accolti, facendone il motore della sua stessa riuscita. Di episodio in episodio, nel crescendo degli eventi, ho compreso che avevo a che fare con altri giocatori che mai avrebbero lasciato cadere nel vuoto spunti di gioco da me o da altri proposti durante gli episodi, e la consapevolezza di ciò mi ha permesso di non “strafare” nelle azioni da far compiere al mio personaggio e quindi di sentirmi davvero a mio agio e immersa in una realtà di gioco emotivamente simile a quella del mondo reale.
Le relazioni nate, fatte crescere, spezzate ed elaborate in gioco sono stati dei legami estremamente forti che hanno permesso la nascita delle tanto anelate emozioni che si provano nella semi realtà del LARP e che aiutano a fare di un evento un’esperienza memorabile.
E questa lo è stata.
Annalisa Corbo
L’autrice di questo articolo
Annalisa Corbo è giocatrice di larp dal 2003, tramista per GRVItalia e psicodrammatista. Usa quotidianamente il gioco di ruolo nella sua attività di formatrice e psicologa.