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La seguente è l’intervista del collaboratore di Forbes David Ewalt al brand manager della Wizards of the Coast Nathan Stewart, pubblicata il 15 aprile 2015.

Andate a prendere i vostri dadi da venti: Dungeons&Dragons è tornato in grande stile. Da quando lo scorso autunno la quinta edizione del classico gioco di ruolo fantasy è finita sugli scaffali i vecchi fan stanno riprendendo il gioco e nuovi giocatori lo provano per la prima volta.

Tutto merito di un ambiziosa ristrutturazione pluriennale a opera dell’editore Wizards of the Coast (sussidiaria della Hasbro) allo scopo di riunire quattro decenni di giocatori sotto un unico sistema. Lo scorso autunno la compagnia ha rilanciato il gioco con la pubblicazione dei tre nuovi manuali base di D&D (Player’s Handbook, Monster Manual e Dungeon Master’s Guide); questi sono stati seguiti da nuove trame multimediali distribuite tra i GDR da tavolo, videogiochi, libri e miniature, compresi di recente la trama The Elemental Evil e una nuova avventura intitolata Princes of the Apocalypse.

 

Per cui, ora che sono uscite le nuove regole e il pubblico vi gioca, che ha in serbo il nuovo D&D? Ho parlato di recente con Nathan Stewart, brand director per Dungeons&Dragons e Wizards of the Coast. I seguenti brani della conversazione sono editati per motivi di brevità e chiarezza.

 David Ewalt: Come ha venduto la quinta edizione di Dungeons&Dragons?

Nathan Stewart: non parliamo di cifre sempre apertamente, perché la Hasbro è una compagnia quotata in borsa, per cui non possiamo fornire dettagli precisi degli affari della Wizards. Ma posso dire che non è passato nemmeno un anno di vendite e siamo fermamente convinti che questo finirà con l’essere il miglior lancio che abbiamo mai avuto, sia in termini di dollari sia di unità.

Penso che, se l’avessero detto a noi o a chiunque altro prima del lancio, la risposta sarebbe stata “Davvero? Meglio ancora della terza edizione o 3.5?” e la risposta è sicuramente “sì”.

Tutto ha sorpassato le nostre previsioni. Non abbiamo esordito con “Ehi, questo sarà il miglior lancio di sempre” -ci vuole un bel fegato a fare una previsione simile-, ma avevamo previsioni rosee. E abbiamo ristampato tutto, così, quando tutto ha sorpassato le nostre previsioni, in gran parte dei casi abbiamo ristampato entro poche settimane, se non mesi, dal lancio ufficiale.

 

Dove vendete maggiormente i vostri prodotti: negozi di hobby, librerie o rivenditori come Amazon?

Le proporzioni per noi restano le stesse: i negozi di hobby e il settore libri sono entrambe eccezionali per noi ed entrambe occupano una grossa fetta del business. Penso che Amazon abbia giocato una parte molto più grande che nei precedenti lanci, per ovvie ragioni. Ma si è anche visto il declino di molte grandi catene di negozi: Barnes&Noble non ha tanti punti vendita come  nell’ultimo lancio e non ci sono grandi catene di librerie là fuori. Per cui penso che Amazon stia vedendo molto dell’acquisto sul mercato, ma il negozio di hobby resta ancora lo zoccolo duro, in cui i fan vanno ogni settimana a giocare e possono trovare i prodotti un po’ prima. Ci sembra vi sia un’equa distribuzione tra i due canali, in linea da anni coi nostri affari.

Ogni negozio di hobby con cui ho parlato alle ultime conferenze sulle distribuzioni non potrebbe essere più entusiasta sulle vendite. I dati iniziali sulle vendite erano tre o quattro volte superiori agli acquisti del passato e nei negozi si vedono sempre più entusiasmo e sempre più partite.

Il settimo è lo schermo del Master

Il settimo è lo schermo del Master

Ha stupito vedere il Player’s Handbook scalare la classifica dei bestseller di Amazon fino al numero 1.

È chiaramente indicativo della potenza del lancio. Non è  numero uno dei giochi, non è il numero uno dei libri fantasy, è il numero uno dei libri su Amazon! È stato un grande segnale per noi e indica chiaramente le vendite che riscontriamo ovunque.

Siete riusciti ad attirare i fan delle vecchie edizioni del gioco che hanno resistito agli upgrade fino a ora? La gente sta saltando per esempio dalla seconda edizione alla quinta?

Parlando per aneddoti posso dire che sembra abbia attirato molte più persone radicate sulla prima e sulla seconda edizione di quanto pensassi, ma, in base ai nostri sondaggi e votazioni, posso dire che è equamente divisa tra tutte le edizioni, e quasi tutti affermano che ricorda loro la loro edizione. Pertanto abbiamo centrato il nostro bersaglio al 100%: far sentire benvenuti i giocatori di tutte le edizioni e far sì che riconoscessero il loro D&D.

Sto sentendo parecchie storie di persone che prendono le loro campagne della seconda edizione ancora in corso e le convertono alla nuova edizione, e penso che questo la dica lunga. Sono molto fiero del lavoro svolto dal team D&D, perché questo era un obiettivo prefissato e qualcosa che ci assicuriamo mantengano nella loro ottica per tutto il tempo.

E i nuovi giocatori? Quanti stanno scegliendo la quinta edizione per immergersi nel gioco per la prima volta?

Non abbiamo approfondito, ma posso dire che abbiamo valutato da quanto [i clienti della quinta edizione] giocano a Dungeons&Dragons ed è diviso abbastanza equamente tra chi ci gioca da sempre, chi ci gioca da 16 a 25 anni, da 6 a 15 anni e da 5 anni o meno.

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Agli inizi del mese avete pubblicato Princes of the Apocalypse, la prima avventura della nuova storyline Elemental Evil. Quante di queste storyline e avventure progettate di pubblicare ogni anno?

Il numero di trame che escono in un anno è in realtà deciso dai nostri fan e dai nostri partner. Ci siamo impegnati a proporre storie di qualità realmente elevata, ci siamo impegnati a espandere le interazioni coi Forgotten Realms e impegnarci a fondo per far sì che il pubblico si diverta veramente. Così ora restiamo su una o due trame all’anno, ma quel numero significa per noi lavorare, ascoltare i nostri fan, vedere quanto vogliano consumare, vedere quanto i nostri partner necessitano di mantenere ben coinvolte le loro fanbase e divertirsi.

Ci serve che tutti i nostri partner digitali e tutti i nostri partner fisici possano scendere in campo a sostenere la storia, perché non si tratta semplicemente di “Oh, facciamo uscire il GdR qui e le miniature qua e i videogiochi qui”… stiamo cercando di narrare questa grande storia come un brand integro ogni volta, motivo per cui è necessario che tutti procedano insieme.

Così per ora restiamo sulle due storie l’anno. Potrebbero aumentare o calare a seconda di ciò che vuole la fan base. Ora che vediamo partire sempre più campagne caserecce forse il numero scenderà a una sola grande trama all’anno. Si tratta di trovare il giusto equilibrio, amntenere alta la qualità e assicurarsi di raggiungere sempre l’obiettivo che tutti gli utenti del brand riescano a godersi una storia indipendentemente da quale tipologia di gioco  ha scelto per giocare.

State anche usando i libri d’avventure per introdurre nuove regole e razze. Ci sono piani per nuovi supplementi oltre ai manuali base, come un Player’s Handbook 2? O per ore vi concentrate solo sulle storie?

Noi siamo storia, storia, storia. La storia determina tutto. Il bisogno di nuove regole, nuove razze e nuove classi si basa solo su che cosa deve accadere in quest’avventuira, in questa storia, in questo tipo di atmosfera. Per cui sì, ci vedrete continuare così.

Non c’interessa tirar fuori libri fini a se stessi. Se ci serve fornire regole all’audience dei giocatori si può fare in molti modi, ma tutto ruota intorno a: come si può migliorare l’intrattenimento? Come si rende più divertente la storia? A volte ce n’è davvero bisogno: penso che i Genasi siano un bell’esempio.  Sarebbe stato strano fare The Elemental Evil senza i genasi; certe scelte sono naturali. Un altro esempio può essere una classe. A Mike Mearls e me piace sempre parlare di fare un’avventura di pirati e aggiungere una classe di naviganti e swashbuckler [schermidore cappa-e-spada, tradotto in 3.5 come “rodomonte”, NdT] così e cosà. Per cui si basa tutto su quale sia il tema portante… e quello si basa soprattutto su che cosa i giocatori ci dicono di volere e che cosa capiamo dalle vendite, perché noi ci muoviamo in base ai feedback.

Non mi stupirebbe se scrivessimo qualche libro qua e là che raggruppi cose volute dalla fanbase tra una storia e l’altra, perché è il feedback che ascoltiamo. Ma, in linea di massima, tutto quello che pubblichiamo supporta la storia annuale; e non c’è alcun progetto di Player’s Handbook 2 né all’orizzonte né oltre.

Qualche progetto di raccontare storie ambientate al di fuori dei Forgotten Realms?

Prima o poi...

Prima o poi…

Beh, dipende da che cosa s’intende, no? Perché si è già vista un po’ di roba…ma, se si parla di andare a fondo e concentrarsi come abbiamo fatto per Tiranny of Dragons, nel prossimo futuro resteremo nei Forgotten Realms. È grande, immenso, è il nostro setting o mondo più ricco. C’è più da esplorare che in tutti gli altri. Nei Reami possiamo far tutto ciò che vogliamo fare nel prossimo futuro.

Ora: va detto che riconosciamo che molti fan amano le altre ambientazioni, per cui faremo in modo da fornire a costoro gli strumenti per soppurtarlo a modo loro. Ma avremo cicli lunghi e così, quando ci getteremo su Greyhawk, Dragonlance o Spelljammer, sarà tra un po’ di tempo. Supporteremo quel materiale, daremo ai giocatori gli strumenti per fare ciò che vogliono, ma l’obiettivo sarà per molto tempo puntato sui Forgotten Realms.

Vi trovate bene con la vostra situazione in termini di strumenti digitali e accessori per il gioco al tavolo?

Non lo sono al cento per cento, perché mi pare che abbiamo fatto un grosso passo indietro. Avevamo un partner che sembrava sulla buona strada per far uscire qualche aiuto digitale a beneficio dei giocatori, ma ora stiamo cercando altri che portino avanti il progetto. Abbiamo qualche opportunità, ma non penso che per ora ci sia qualcosa di concreto che serva allo scopo principale di migliorare il gioco al tavolo.

Uno dei componenti mancanti che abbiamo ancora bisogno di far uscire è che la tecnologia aiuti realmente il gioco al tavolo in una maniera che incoraggi il contatto faccia a faccia. Non voglio che il gioco consista in tre o quattro tizi seduti a un tavolo a guardare i loro computer senza parlare. Voglio che gli strumenti digitali aiutino a creare nel gioco di ruolo più dialogo, più narrazione, più gioco di ruolo. Al momento stiamo studiando un paio di possibilità e ci sono alcune opportunità, ma per quanto riguarda le uscite siamo un po’ indietro rispetto a dove vorrei essere.

Uno dei grandi obiettivi della quinta edizione era ridare vita al marchio sotto ogni aspetto: rendere Dungeons&Dragons associato con videogiochi, giochi da tavolo, libri e fumetti tanto quanto lo è coi giochi di ruolo. Attualmente il marchio è dove volevate che fosse?

È dove volevamo che fosse? Facciamo un passo indietro e diciamo che, per la prima parte della domanda, avevamo ovviamente grandi obiettivi per sostenere il nucleo del marchio; ovvero la quinta edizione del gioco di ruolo e il playtest, che era il lavoro pesante svolto dietro le quinte. La Wizards sta pubblicando il cuore spirituale del marchio.

Ma, nel quadro generale, Dungeons&Dragons ha smesso di essere un gioco al tavolo anni o decenni fa. Intendo che siamo stati una potenza nei videogiochi per anni fino a ora, abbiamo fatto film -e, che piacciano o no, li abbiamo fatti-, tonnellate di romanzi, fumetti, abbigliamento, miniature, moltissimo materiale sul campo. Per cui posso dire che, per il quarantesimo anniversario, ho pensato che fosse un anno eccezionale per celebrare tutto ciò che è D&D. Abbiamo visto il pubblico accorrere a fiumi, vediamo opinionisti e celebrità dichiarare pubblicamente il loro amore per D&D, e penso sia un segnale che, culturalmente, abbiamo colpito nel segno dove volevamo.

Siamo dove volevamo essere nel 2015? Tecnicamente posso rispondere di sì, ma non sono la persona adatta a cui chiedere, perché sono sempre certo che il marchio abbia il maggior potenziale del mondo, così mi guardo intorno e vedo che avrei voluto fare ancora di più fino a ora. Ma, se mi fermo un secondo ad analizzare, ce l’abbiamo fatta magnificamente; abbiamo raggiunto  tutti i nostri obiettivi.

E, in realtà, li stiamo superando, perché nella mia strategia ho sempre pensato a un videogioco di grosso calibro che riporti veramente al cuore di D&D… e non immaginavo neanche nei miei sogni più sfrenati che avremmo avuto un gioco che catturasse veramente l’essenza di D&D come l’imminente Sword Coast Legends. Penso che per la fine dell’anno rifaremo questo discorso e tutti concorderanno che abbiamo davvero compiuto questo e altro, perché abbiamo realizzato qualcosa che nessuno aveva mai fatto prima, ovvero riportare l’esperienza di dungeon master/giocatore al tavolo in un RPG per computer.

Come è partito Sword Coast Legends?

Abbiamo incontrato il team da n-Space al GDC un paio d’anni fa. Incontriamo molta gente al GDC, cerchiamo di restare sempre molto trincerati con gli sviluppatori di GdR e di fantasy… anche solo per passare il tempo e parlare di D&D, perché lo amiamo tutti. Anche se non stiamo lavorando su un gioco incontriamo molti sviluppatori. Così incontrammo questi tipi ed essi buttarono fuori la loro idea, e io uscii da quella stanza pensando: “Santo cielo, questo è il gioco che aspetto da tutta la vita; questo gioco è stupefacente!”

Ma questo avveniva due anni fa e si sente parlare del gioco solo ora, per cui ovviamente c’è molta strada tra prendere una grande idea e svilupparla fino al punto di poterci giocare. Parte della magia è quel team. Non so se lo conoscete, ma la loro leadership nella creatività -hanno il direttore di Dragon Age: Origins e il loro programmatore capo Ross Gardner ha lavorato a qualsiasi RPG della Bioware degli ultimi 10-15 anni possa venirvi in mente- , il loro curriculum… sono da pazzi. Il loro direttore di design è Tim Schwalk, il loro scrittore Jay è lo stesso di Mass Effect. Questo gruppo di persone là in questo piccolo sviluppatore indipendente giù a Orlando in Florida…è quasi magico come si stia riunendo.

Questa compagnia è stata uno sviluppatore indipendente per 20 anni: questo è a buon diritto un conseguimento enorme, ma hanno lavorato molti anni su progetti della Nintendo, così penso che molta gente non abbia realmente compreso la potenza tecnica che costoro custodivano, perché valutavano alcuni dei giochi che stavano facendo che erano appaltati. Hanno svolto un lavoro egregio per i loro partner, ma non apportavano idee originali, né le accompagnavano alla loro grande tecnologia. Così alla fine hanno riunito quest’idea e questo talento, e la Wizards of the Coast ha riconosciuto che quel gioco era semplicemente perfetto per D&D.

Abbiamo preso impegno con loro per due anni per lavorarci su sullo sfondo e mettere assieme tutti i pezzi in modo che ne risultasse come lo avevamo in mente. Non avevano intenzione di rinunciare al controllo creativo, per cui non volevano trovare un editore ed esserne semplicemente gli sviluppatori. Fanno appassionatamente parte della community. Li abbiamo sempre sostenuti e li sosteniamo, sono saliti da noi probabilmente sette od otto volte quest’anno, noi scendiamo da loro ogni sei mesi, ci sentiamo al telefono ogni settimana e continuiamo a lavorare diligentemente; e tutto questo sta riportando a come erano una volta i videogiochi di Dungeons&Dragons, ovvero tra i migliori RPG del mondo.

Anteprima visibile sul sito Wizards

Anteprima visibile sul sito Wizards

Sapete che alcuni hanno chiesto “Com’è che non si chiama Dungeons&Dragons: Sword Coast Legends?”? Sulle prime non capisco nemmeno la domanda, perché mi viene da rispondere: “di che parlate Questo gioco ha Dungeons&Dragons stampato ovunque.” Ma penso che intendessero il nome: perché non è “Dungeons&Dragons due punti qualcosa”. Mi pareva più che ovvio. Dungeons&Dragons è così grande, e abbiamo così tante espressioni del gioco, che nominare qualcosa “Dungeons&Dragons qualcos’altro” non è un buon modo di descrivere in cosa state entrando. È tutto Dungeons&Dragons. Se è nel nostro mondo, a raccontare le nostre storie, ha tutti i mostri di D&D e interagisce coi giocatori… è ovvio che è D&D.

Quale prodotto attualmente non presente nel marchio D&D sarà più probabile vedere?

Non è un segreto per nessuno qui, ma il pezzo grosso che voglio vedere è una tripletta: un videogioco RPG. Voglio vedere Baldur’s Gate 3, voglio vedere un enorme RPG open-world. Vorrei vedere  film di Dungeons&Dragons, o megio ancora un intrattenimento seriale con stagioni di storie di D&D e altro come action figures dei Forgotten Realms… ovvio che lo vorrei tanto: il geek più grosso qui sono io. Ma, alla fine dei discorsi, quel che ora manca all’appello è il gioco.

Una volta uscito Sword Coast Legends avremo quest’eccezionale piuma sul cappello per il classico stile isometrico RPG, che aggiunge qualcosa di nuovo e innovativo che nessuno ha mai compiuto finora. Riempirà un buco enorme.

Ma l’altro pezzo grosso che ci manca è un grande, vastissimo RPG open-world. diciamoci la verità: molti giocatori non hanno mai avuto l’esperienza di un gioco di Dungeons&Dragons come l’abbiamo avuta noi noi, qualcosa che un’intera generazione ha tenuto come l’alta marea per gli RPG. Da una base su scala mondiale, dalla visibilità, da persone coinvolte nella nostra storia: è questo il pezzo grosso mancante.

 Intervista originale consultabile sul sito di Forbes . Traduzione per GdRItalia a cura di Lavos-D.
David Ewalt è autore del libro Of Dice and Men: The Story of Dungeons & Dragons and The People Who Play It
Che ha in serbo il nuovo D&D? (Intervista di Forbes)
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A proposito dell'autore

Lavos-D è un illithid colmo di bontà e di dolcezza, che distilla interamente nei suoi favolosi dolci: per questo non gliene resta più quando scrive i suoi acidissimi articoli. Il suo motto è provare qualsiasi gioco esistente, sennò non lo si può criticare. Quando il suo eterno ruolo di master gli lascia tempo libero lavora a GdRITalia in veste plurima di pasticciere ufficiale, redattore, editor, (re)censore, traduttore in seconda e spalla comica a tempo perso. Da quando si è autoproclamato sommo sacerdote del Grande Cthulhu si è montato la testa e non ci si ragiona più.

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