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1986. In un periodo in cui il mondo dei gdr muoveva i suoi primi passi, una casa editrice di Nottingham, che fino ad allora aveva prodotto principalmente giochi di miniature (e anche qualche rpg su licenza), decideva di pubblicare un gioco che sarebbe entrato nella storia: Warhammer Fantasy Roleplay.

Il gioco si basava a grandi linee sulle regole del wargame omonimo, con una particolarità: i personaggi non avevano classi fisse e immutabili, ma carriere e potevano liberamente muoversi tra queste quando ritenevano giunto il momento di passare a qualcos’altro.
Quello che colpiva di Warhammer era anche l’ambientazione cupa, violenta popolata da personaggi assolutamente antieroici, dalle vaghe tinte moorcockiane (anzi, mica tanto).
Per lungo tempo fu un successo e il sistema di gioco, unito all’affascinante ambientazione pseudo-europea entrò a pieno titolo nell’olimpo dei grandi classici del roleplay, come D&D, Traveller e Vampiri.

Il sistema aveva i suoi difetti, ma tutto sommato girava, inoltre la GW non mostrò particolare interesse nel proseguire la linea e la affidò alla Hogshead che la tenne fino al 2002, quando la GW decise di pubblicare nuovamente il gioco sotto l’imprint della Black Library.

2005. La seconda edizione di Warhammer Fantasy Roleplay vede la luce dopo ben 19 anni dalla prima. Cos’è cambiato? Tutto e niente al contempo. So che questa affermazione può sembrare strana, ma è così.
Il sistema ora, per quanto simile alla precedente, è totalmente basato su punteggi percentuali; esistono dei punteggi che vanno da 1 a 10, ma sono derivati dai precedenti e raramente vengono chiamati in causa per i test. Per cui non si presenta più la curiosa situazione in cui il giocatore si trova a tirare un test di forza su 1d10 e magari uno su Simpatia tirando 1d100.

La creazione del personaggio è rimasta praticamente la stessa. E’ stato eliminato il concetto delle 4 classi di base (guerriero, furfante, accademico e ranger), per cui i personaggi si limiteranno a scegliere la razza e a tirare le caratteristiche; generalmente si tirano 2d10 il cui risultato va sommato a un punteggio di base della razza. Gli elfi ad esempio sono più abili nel tiro di un umano, mentre i nani sono più robusti; di contro avranno meno punti fato (l’unico modo per salvarsi la vita quando un Beastman ti schianta un randello in testa) e dei talenti fissi (dove l’umano li ha casuali e generalmente migliori).

A questo punto la carriera verrà tirata o scelta tra tutte quelle possibili. Warhammer continua a essere un gioco in cui la creazione del pg è quasi totalmente casuale, curiosamente e nonostante il passare degli anni continua a non essere un difetto. Innanzitutto è una procedura rapidissima, consente di avere un party pronto in non più di un’ora, inoltre è divertentissima da fare, riflette la natura cupa e ingiusta del mondo di Warhammer e non inficia l’equilibrio globale del gioco.

Le carriere sono state bilanciate. Se parlate con un veterano del gioco vi dirà sicuramente che alcune carriere erano enormemente potenti rispetto ad altre (tanto per fare un nome “Danzatore di Guerra Elfico”), questo concetto è stato rivisto nella nuova edizione. Adesso ogni carriera ha i suoi punti di forza e di debolezza rispetto alle altre, forse non è molto in linea con l’ambientazione, ma posso capire che alle volte era frustrante cominciare con delle linee di carriera totalmente sbilanciate in basso o in alto. Curioso notare che, come avveniva in molte house rules dell’epoca, gli avanzamenti percentuali acquistabili dai giocatori sono di cinque punti per incremento e non dieci come avveniva nella precedente edizione. Un buon miglioramento che evita personaggi superman già dalle prime avventure.
Un’altra cosa che lascia stupiti è come le carriere riescano ad essere in grado di comprendere più o meno tutte le possibilità concepibili nel mondo di gioco. Se avete in mente un personaggio, sappiate già che potrete trovare un’ottima carriera di partenza e tutti gli sviluppi che possiate prevedere; si parla di più di 100 carriere completamente uniche. Non una cosa da poco.

Il combattimento è rimasto praticamente identico al passato, a parte l’aggiunta di qualche regola speciale sulle manovre: si lancia 1d100, si cerca di tirare sotto alla propria Abilità in Mischia, si inverte il punteggio tirato e questo determina la locazione, infine si lancia il danno, al quale va sottratta la resistenza e l’armatura del bersaglio. Quando il bersaglio finisce a 0 punti ferita o meno non muore, ma subisce colpi critici, questi colpi vanno determinati tramite una tabella e sono la parte caratterizzante del combattimento. Arti mutilati, teste mozzate, ossa rotte e organi perforati sono all’ordine del giorno in WHFRP, quindi preparatevi a uno spettacolo degno del Grand Guignol. I personaggi devono stare molto attenti quando si lanciano in battaglia, è difficile curare le menomazioni.
Anche le armi e le armature sono state cambiate nel funzionamento e finalmente usando il d10 per i danni e non il d6, portando il valore protettivo dell’armatura a un massimo di 5, riducendo lo scudo a un mero mezzo per parare i colpi, limitando di fatto la resistenza al 60-70%, s’è evitata la fastidiosa quanto comica “sindrome del nano nudo”. Come dice il nome stesso, nella precedente edizione un nano con i talenti e i potenziamenti giusti poteva tranquillamente affrontare un demone maggiore del caos completamente nudo… e uscirne vincitore!
Il fatto che un sistema vecchio sia durato così a lungo e riesca a funzionare egregiamente e in maniera realistica dopo ben 20 anni è indicativo della sua qualità. Inoltre, ed non è una cosa da poco, si tratta di un sistema divertente da giocare, completo e soprattutto veloce.

La magia forse è l’aspetto che più è cambiato rispetto alla vecchia edizione. Prima un mago poteva lanciare i suoi incantesimi liberamente fino a quando aveva punti mana; ora le cose sono “leggermente” diverse.
Innanzitutto non esistono più punti mana, il mago può usare i venti di magia quante volte vuole nell’arco di una giornata. Penserete che i maghi siano estremamente potenti… beh sì, lo sono, ma hanno anche delle grosse limitazioni; uno di carattere interpretativo – i maghi sono visti con sospetto e timore – un altro di carattere meccanico, vediamo di seguito.
La magia deriva dal Caos sotto forma di “venti di magia”, i maghi imparano a incanalare questi venti e a manipolarli per ottenere effetti magici. Come tutte le cose che derivano dal Caos però, c’è un pericolo intrinseco: la cosiddetta “maledizione di Tzeentch”.
Ogni mago se vuole usare un incantesimo può lanciare 1d10 per ogni punto di magia che possiede (un punteggio che va da 0 a 5), è il mago a scegliere il numero di dadi… poi vedremo perchè. Sommando il risultato di questi dadi, deve cercare di battere la difficoltà della magia; gli incantesimi più semplici hanno soglie relativamente basse, mentre mano a mano che la potenza sale, aumenta anche la difficoltà.
Ovviamente per lanciare incantesimi molto potenti è necessario un numero di dadi maggiore, qui entra in gioco la maledizione.
Se durante un test magico un personaggio ottiene 2 o più numeri uguali, rischia di invocare su di se la maledizione: più numeri uguali ottiene, più gli effetti saranno gravi. Si va da effetti leggeri e temporanei a vere e proprie apocalissi magiche, fino a finire risucchiati nella dimensione dei demoni da entità troppo orribili per essere nominate (tradotto con: “quella è la scheda, strappala”). La magia non va assolutamente usata con leggerezza ed è per questo che i maghi possono controllare la quantità di potere da manipolare, in modo da limitare gli eventuali effetti negativi.

L’ambientazione presente sul manuale è completa e giocabile, ma eccessivamente Impero-centrica. Spesso per ottenere ulteriori informazioni relative alle altre regioni del Vecchio Mondo è necessario rivolgersi ai già numerosi supplementi.
C’è un’ottima sezione dedicata al Narratore, con regole supplementari (quelle che di solito usa solo lui) e una lunga serie di consigli per le campagne davvero ben scritta.
A seguire il bestiario di base, molto scarno e con creature che vanno bene principalmente per le fasi iniziali di una campagna, poi è necessario acquistare il Bestiario del Vecchio Mondo, che di per se è un libro da non perdere. Sfortunatamente questo difetto impedisce che il manuale possa essere usato sempre e comunque da solo.
Chiude il libro una breve avventura introduttiva, niente di eccezionale: si tratta del classico “parti dal punto A e arriva al punto B preferibilmente VIVO”, ma è l’introduzione alla nuova campagna Imperiale che inizia con le Ceneri di Middenheim.

Passando all’edizione inglese del manuale: si tratta di uno splendido cartonato completamente a colori ricco di illustrazioni di qualità notevole capaci di trasmettere appieno al lettore il cupo mondo di Warhammer. Lo stile di scrittura è scorrevole e corretto.

L’edizione italiana da parte della Nexus è un cartonato a colori, come l’originale. La traduzione è buona, ma non brilla dato che in più di un’occasione si perde su qualche errore evitabile; fortunatamente non si tratta di nulla di grave e non compromette assolutamente la lettura. Di conseguenza direi che si attesta sulla media delle ultime traduzioni. Nota interessante: se non sbaglio, ma non ho fatto un confronto diretto, l’edizione italiana dovrebbe essere stata integrata con gli ultimi errata corrige usciti al momento della stampa. Questo di per se dovrebbe essere un buon motivo d’acquisto; a meno che non siate dei collezionisti, in qual caso vi rimando all’affascinante edizione in lingua originale.

Voto Edizione Inglese: 9

Voto Edizione Italiana: 8,5

Recensore: Rosiel

   



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