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fotoPer chi non conoscesse Ryan S. Dancey basti dire che è stato l’inventore della licenza OGL di D&D, non che uno degli artefici principali di D&D 3.0 quando lavorava alla Wizard of the Coast per poi passare in svariate altre importanti case editrici.

In un interessante articolo pubblicato su EnWorld ci propone il tema di capire meglio chi è seduto al tavolo da gioco insieme a noi. Una maggior comprensione dei giocatori al nostro tavolo dovrebbe aiutarci a migliore la nostra esperienza di gioco e quella dell’intero gruppo.
Questo problema, Dancey ci racconta, se lo sono posti in WotC ancor  prima che uscisse D&D 3.0, nel 1999, per rispondere fu avviata una incredibile ricerca di mercato (incredibile per il settore a cui era rivolta in proporzione alle sue dimensioni, infatti Dancey stesso ci spiega che fu possibile finanziarla solo grazie gli introiti di Magic). I dati raccolti furono davvero molti, ma alla fine, rianalizzando le risposte ottenute dai giocatori, Dancey è riuscito a identificare otto caratteristiche o qualità che identificano una esperienza ludica soddisfacente per la maggior parte dei giocatori di ruolo:

  • Personaggi Forti e una Storia Interessante
  • Interpretare un personaggio
  • Una difficoltà che aumenta con il tempo di gioco
  • La necessità di un pensiero strategico
  • Competizione
  • Nuove opzioni di gioco da poter introdurre nella partita
  • Usare l’immaginazione
  • Sfida mentale

Secondo gli studi di Dancey la maggior parte dei giocatori non ricerca in realtà uno solo di questi aspetti, ma li comprende tutti più o meno, riconoscendosi però più che altro in uno di questi.

Per capire che giocatori abbiamo al tavolo, Dancey suggerisce di non chiedere esplicitamente ad ognuno di loro in quale categoria si identificano, ma di osservarne i comportamenti al tavolo. La persona più agevolata a farlo è sicuramente il Game Master, che può fare delle prove, può introdurre nel gioco un complesso problema tattico e vedere se l’attenzione di qualcuno si risveglia particolarmente, introdurre un puzzle, oppure una interazione con un PNG particolarmente interessante. Osservando il comportamento dei giocatori in più partite si dovrebbe riuscire a capire cosa li interessa di più all’interno del gioco e cosa un po’ meno. Dancey ci mette sull’avviso di non esagerare polarizzando troppo una storia su un singolo aspetto, perchè, la maggior parte dei giocatori è interessata, in definitiva, a vari di questi aspetti e si rischierebbe di annoiarli.

Ma ora che conosciamo meglio i nostri giocatori cosa ce ne facciamo di questi dati?

Dancey ci suggerisce di usarli per creare storie più coinvolgenti, di introdurre nelle partite anche momenti particolari in cui un solo giocatore sarà coinvolto in un determinato aspetto di gioco, come la risoluzione di un mistero ecc, rispondendo dunque meglio alle esigenze di tutti i giocatori al tavolo nel proporre una narrazione più vicina ai loro interessi magari riducendo gli aspetti, nel gioco, che sono di minor interesse per tutti quanti.

Questa analisi di Dancey che parte, lo ricordiamo dal lontano 1999, è molto interessante anche oggi, alla luce del lavoro svolto negli ultimi anni sopratutto dalla scuola “forgita” in cui si sono parimenti analizzati le “esigenze” dei giocatori al tavolo e si è risposto con la creazione di giochi focalizzati nelle meccaniche e tematiche a rispondere ad una tipologia ben precisa di esperienza ludica.

Secondo l’analisi di Dancey, invece, normalmente, intorno al tavolo e tra i giocatori, ci sono esigenze varie, che spesso si sovrappongono, ma difficilmente sono univoche tra i giocatori e soprattutto durante le partite. Dancey sottolinea l’importanza di comprendere meglio i giocatori al tavolo e di capire che tipo di esperienza si aspettano, che è esattamente il punto di partenza delle teorie e dei giochi “forgiti”, ma propone una risposta diversa, non giochi focalizzati su un unica esperienza di gioco, ma giochi che sappiano comprenderne molte e dare la possibilità ai giocatori di lasciare in secondo piano quegli aspetti del gioco ritenuti secondari da tutti.

Un approccio completamente diverso ma entrambi interessanti.

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