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Nell’inverno del 1959 nove escursionisti russi decisero di intraprendere spedizione piuttosto impegnativa negli Urali settentrionali. Il gruppo era composto da studenti o neolaureati dell’Istituto Politecnico degli Urali. Tutti i membri della spedizione avevano alle spalle esperienze sia di lunghe escursioni sugli sci che di spedizioni di montagna.

  1. Igor Alekseevič Djatlov, capospedizione, 13/1/1936
  2. Zinaida Alekseevna Kolmogorova, 12/1/1937
  3. Ljudmila Aleksandrovna Dubinina, 11/1/1936
  4. Aleksandr Sergeevič Kolevatov, 16/11/1934
  5. Rustem Vladimirovič Slobodin, 11/1/1936
  6. Jurij Alekseevič Krivoniščenko, 7/2/1935
  7. Jurij Nikolaevič Dorošenko, 12/1/1938
  8. Nikolaj Vasil’evič Tibo-Brin’ol’  , 5/6/1935
  9. Aleksandr Aleksandrovič Zolotarëv, 2/2/1921

L’obiettivo della spedizione era percorrere, su sci di fondo, un tratto difficile di 350 chilometri, attraverso le montagne degli Urali settentrionali e scalare il Monte Otorten (in lingua mansi “Otorten” significa “Non ci andate”). Il 12 febbraio, tuttavia, i nove escursionisti non raggiunsero mai la tappa finale del loro percorso, il piccolo villaggio di Vizhaj: nella notte tra l’1 e il 2 febbraio, il gruppo trovò la morte alle pendici del Monte Cholat Sjachl (che tradotto dalla lingua del popolo mansi significa “La montagna dei morti”).

Mediante i diari e le macchine fotografiche ritrovate fu possibile ricostruire l’itinerario stabilito per la spedizione. Il primo febbraio gli escursionisti avevano appena cominciato a percorrere il passo con l’intenzione di attraversarlo ed accamparsi per la notte sul versante opposto, tuttavia le condizioni climatiche peggiorarono improvvisamente e complice la diminuita visibilità persero l’orientamento. Non appena se ne accorsero decisero di accamparsi per la notte nella speranza che il tempo migliorasse.

Il capo spedizione era d’accordo con la loro associazione sportiva che avrebbe telegrafato un messaggio all’arrivo della spedizione al villaggio di Vizhaj . Non ricevendo nessun messaggio l’associazione ed i parenti chiesero che fossero mandati dei soccorsi.

Il 26 febbraio fu ritrovata da tenda sul Cholat Sjachl, era abbandonata e molto danneggiata. Da essa partivano una serie di impronte che si dirigevano verso i boschi vicini per poi interrompersi 500 metri dopo. Sul limitare della foresta, sotto una grande albero di cedro furono travati i resti di un fuoco ed i primi due corpi, quelli di Jurii Krivoniščenko e Jurij Dorošenko, entrambi scalzi e vestiti solo della biancheria intima. Tra il resti del fuoco e la tenda furono trovati altri tre corpi — Djatlov, Zina Kolmogorova e Rustem Slobodin — I corpi erano lontani l’uno dall’altro, rispettivamente alla distanza di 300, 480 e 630 metri dall’albero di cedro. Più di due mesi, il 4 maggio, vennero infine ritrovati  i corpi degli ultimi quattro escursionisti sepolti sotto quattro metri di neve in una gola all’interno del bosco.

Fu avviata un’inchiesta, la quale appurò che:

  • Sei membri del gruppo erano morti per ipotermia, mentre gli altri tre per una combinazione di ipotermia e traumi fatali.
  • Non esistevano tracce della presenza di altre persone nella zona né nelle aree circostanti.
  • La tenda era stata lacerata dall’interno.
  • Le tracce che partivano dal campo suggerivano che tutti i membri lo avessero lasciato di comune accordo, a piedi.
  • Le vittime erano morte tra le sei e le otto ore dopo aver consumato l’ultimo pasto.
  • A confutazione della teoria di un attacco da parte dei Mansi, il Dottor Boris Vozrozhdenny affermò che i traumi fatali dei tre corpi non potevano essere stati provocati da un altro essere umano, “perché la potenza dei colpi era stata troppo forte e al contempo non aveva danneggiato alcun tessuto molle”.
  • Analisi forensi avevano mostrato che i vestiti di alcune delle vittime presentavano alti livelli di contaminazione radioattiva.

Come se non bastasse nella zona si verificarono almeno altri due incidenti, in entrambi i casi il numero delle vittime fu di nove morti.

Cosa spaventò gli escursionisti a tal punto da spingerli a tagliare le loro tende e fuggire seminudi, al buio, in un luogo che non conoscevano durante una tormenta con la temperatura di – 30° C. Altri escursionisti a 50 Km dal luogo riportarono racconti di strane luci nel cielo quella notte e le notti successive. Può esistere il legame tra quelle luci e le nove morti?

Spunti GdR

Non avevo mai sentito parlare di una vicenda tanto pregna di spunti per Gdr. Dal fantasy, all’horror, al thriller cospirazionistico. Ma andiamo con ordine.

Nove escursionisti hanno intrapreso una difficile spedizione per scalare il monte “Non ci andate”, ma la una bufera improvvisa li ha fatti perdere  costringendoli ad accamparsi sulle pendici della “montagna dei morti”. Nottetempo qualcosa di spaventoso li ha spinti a tagliare la tenda per dirigersi seminudi in mezzo alla bufera nel bosco, dove il freddo ed una forza sovraumana li ha uccisi senza lasciare tracce.

I nomi di questi luoghi fanno cavalcare la fantasia in una ambientazione fantasy. Una landa maledetta abitata da un misterioso, malvagio e potente negromante con servitori non-morti in grado di terrorizzare gli intrusi ed ucciderli senza lasciare traccia. Nulla di più semplice.

Veniamo ora al Vecchio Mondo di Tenebra. La White Wolf ci propone la propria interpretazione di Baba Yaga, non come una strega che solca il cielo con infilata in una pentolone, ma come l’unico infante conosciuto del Antidiluviano dei Nosferatu. Un vampiro di tale potere  o i suoi servitori possono benissimo essere responsabili delle sparizioni e della cattiva fama di quel luogo e anche avere uno stomaco tanto grande da essere riempito con il sangue di ben nove vittime umane.

Oppure senza scomodare generazioni tanto antiche, si può pensare a uno o più Gangrel, certamente a loro agio in un terreno immerso nella natura e lontano dalla civiltà. Come reagirebbe la Camarilla ad un rischio per la Masquerade di questo genere? Probabilmente deciderebbe di mandare proprio i vostri giocatori ad occuparsi della faccenda.

Un’altra ipotesi è che quel luogo debba il suo nome così terrificante per la presenza di troll nella zona. Creature misteriose e spaventose che potrebbero aver terrorizzato gli escursionisti al punto da farli fuggire dalla loro tenda. Nel 2010 è uscito un film norvegese su questo argomento: si tratta di “The Troll Hunter” di André Overdal. Il troll è una creatura più insolita rispetto ad altre nei GdR e potrebbe essere una occasione interessante per sorprendere i propri giocatori.

Concentrandosi invece su altri aspetti della vicenda invece, come le strane luci nel cielo e le tracce di radiazioni si potrebbe pensare ad un coinvolgimento del governo sovietico o degli extraterrestri: a seconda dei gusti. Quale luogo più adatto per costruire istallazioni segrete dove testare nuove tecnologie militari? Una zona così desolata inoltre è un ottimo luogo dove un ufo potrebbe rapire umani inermi ed inconsapevoli che, dopo alcuni esperimenti, potrebbero essere stati abbandonati a morire di freddo. Una trama coerente con un gioco del tipo Conspiracy X, Esoterroristi o un gioco di ispirazione Lovecraftiana.

Sono sicuro che una vicenda di questo genere si presta all’uso per molti altre ambientazioni e sistemi.

Fonti

Ma pagina di Wikipedia sulla vicenda: http://it.wikipedia.org/wiki/Incidente_del_Passo_Djatlov

Un video su Youtube che narra la vicenda: https://www.youtube.com/watch?v=oYHGN9uvRwA

Baba Yaga su “The Unofficial White Wolf Wiki”: http://whitewolf.wikia.com/wiki/Baba_Yaga

Trailer di “The Troll Hunter”: https://www.youtube.com/watch?v=TLEo7H9tqSM

A proposito dell'autore

Attualmente Nosfigatu è articolista presso la rubrica "Storie di Immaginaria Realtà" di GDR Italia. Laureato in Scienze Statistiche a Milano, città nella quale vive dalla nascita. Appassionato di GdR fin dalla tenera età, ha provato a volte come giocatore altre come master diversi sistemi ed ambientazioni: D&D, Oriental Adventures, Cyberpunk 2020, Sulle Tracce di Cthulhu, Star Wars, Vampiri...

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